In questi giorni, mentre l’attenzione internazionale è rivolta al #Pride di Budapest, anche in Italia si moltiplicano i cortei dell’orgoglio LGBTQ+.
E così, per la prima volta, ho partecipato al Pride di Piacenza.
Sono andato mosso dalla curiosità , senza troppe aspettative.
Non avevo bandiere da sventolare, né slogan in tasca. Solo la voglia di capire da vicino cosa succede in questi eventi di piazza, così discussi e così simbolici.
E sapete una cosa? Mi è piaciuto.
C’erano tante persone sorridenti, un’energia positiva, musica, colori, rispetto. Nessun odio.
Era una vera festa, nel senso più bello e pacifico del termine.
Ma… una riflessione voglio condividerla.
Ho trovato il Pride anche un po’ troppo politicizzato.
Messaggi geopolitici (Israele, Palestina), riferimenti ideologici forti, simboli che forse non parlano a tutti.
Mi è tornato in mente il "compagno Fantozzi": un’icona tragica e grottesca di chi si adegua a qualcosa che non comprende del tutto.
Eppure, esistono anche persone LGBTQ+ con idee di destra, o semplicemente lontane dalla sinistra militante.
Perché non dare spazio anche a loro?
Se davvero vogliamo parlare di inclusione, allora dovremmo includere anche chi la pensa in modo diverso.
Il Pride dovrebbe unire, non dividere.
Lasciamo che parli il cuore delle persone, e non i manifesti politici.
In sintesi?
È stata una bella esperienza, fatta di partecipazione, rispetto, leggerezza.
E torno a casa con la sensazione che anche un piccolo sguardo esterno, come il mio, possa servire a qualcosa.
Mangia.
Commenti
Posta un commento